venerdì 15 novembre 2013

Da Oriente ad Occidente: la via delle riforme



In questi giorni i mercati finanziari asiatici attendevano con ansia l’esito del Terzo Plenum del Comitato centrale del partito comunista per comprendere meglio gli obiettivi e gli strumenti da utilizzare per consentire al colosso cinese di proseguire l’espansione che negli ultimi trent’anni  ha spinto il Pil nazionale da un valore di circa 60 miliardi di dollari del 1979 ai 9 mila miliardi del 2012.

Ci si attendeva un piano più dettagliato, mentre la sintesi del lungo incontro affida al “mercato” il ruolo primario nella redistribuzione delle risorse.

I punti chiave del nuovo progetto economico che si concluderà nel 2020 sono la promozione della riforma delle terre agricole e la ridefinizione del sistema fiscale con una piano di redistribuzione del reddito, mentre non si entra nello specifico dei cambiamenti nel sistema bancario, della tassazione, del welfare, della convertibilità della propria valuta e dell’abbandono del sistema del figlio unico.

L’assenza di un piano minuzioso ha immediatamente penalizzato le borse, soprattutto quella cinese, di fatto togliendo uno dei potenziali elementi capaci di avviare un rally degli indici dei Paesi Emergenti, che nell’ultimo anno non sono riusciti a seguire i guadagni realizzati invece in America, Europa e soprattutto Giappone che, grazie all'Abenomics e cioè alla ricetta del Primo Ministro Abe, è riuscito a risollevarsi dopo 15 anni di deflazione, stagnazione economica e torpore finanziario.

Le stesse riforme dovranno essere completate in Europa – certamente con obiettivi economici differenti e riferimenti sociali più avanzati – che ancora risulta vulnerabile agli occhi internazionali, in considerazione dell’assenza di una coesione economico-sociale e di una stabilità delle finanze pubbliche.

Tutto ciò è racchiuso nel messaggio di allarme lanciato dal premio Nobel Stiglitz visto che, con tutta probabilità, nel Vecchio Continente si riuscirà ad attuare nel breve solo interventi minori e limitati.

L’unione bancaria è un obiettivo possibile, meno gli “eurobond”; il parziale allentamento dell’austerity è ormai divenuto non improbabile, meno il dimezzamento della disoccupazione dell’area; investire in istruzione e innovazione tecnologia è un obiettivo comune e realizzabile, ma difficile credere di poterlo perseguire con riforme a livello solo embrionale e ancora di scarso impatto sui conti degli Stati.

Da Oriente ad Occidente è evidente l’ambizione di due colossi economici tanto diversi tra loro ma, soprattutto, equidistanti dalla politica monetaria e fiscale statunitense, incentrata più sulle necessità di breve periodo che su macro riforme.

In America, nonostante la situazione macro-economica sia positiva a dispetto di un mercato del lavoro ancora sotto pressione, la scelta espansiva rimane inalterata, il cosiddetto 'tapering' non è stato ancora avviato e l'arrivo della Yellen a capo della FED non potrà che essere garanzia di ulteriori stimoli di breve e di tassi fermi ancora per molto tempo, a riprova della volontà di sostenere direttamente e a lungo la finanza americana.

Tuttavia, gli Stati Uniti, pur godendo di un vantaggio competitivo accumulato in decenni trascorsi al comando dell’economia mondiale, continuano a sottovalutare i rischi evidenziatisi con il “crack Lehman”  ed a ritardare una riforma trasparente del “mercato”, quello che oggi sembra guida e che domani potrebbe diventare improvvisamente qualcosa di incontrollabile.

martedì 5 novembre 2013

Cancellieri: la cultura del sospetto, le convenienze politiche e le oltraggiose dimissioni.



Nessuna delle forze politiche in Parlamento ha un 'oggettivo' motivo che spieghi una difesa agguerrita o un attacco veemente nei confronti del Ministro Cancellieri, ma esistono situazioni di convenienza che non possono essere trascurate.
Da una parte il Pdl, nonostante la maggior parte dei ‘giornali di famiglia’ non sia del tutto d’accordo, ritiene utilitaristico prendere le difese del Ministro, in modo da attenuare i comportamenti passati di Berlusconi nella “vicenda Ruby” - ed in parte riabilitarlo - sottolineando la legittimità, per una carica importante come quella ricoperta dalla Cancellieri, dell'intervento nel "caso Ligresti", senza che ciò abbia comportato alcun abuso.  
Dall’altra il PD non vorrebbe allontanare dal Governo Letta uno dei Ministri con più spessore e maggiore esperienza e, attraverso una fronda pseudo-giustizialista, mostra una velata severità - utile a giustificare agli occhi della destra la posizione assunta dalla sinistra nei confronti del proprio leader - non riconducibile comunque ad una richiesta di dimissioni, ma solo di chiarimento.
L'unica e netta opposizione viene dal M5S, paladino del populismo ad ogni costo. Il Ministro ha sbagliato? Allora obbligo di dimissioni. Non importa che la Cancellieri abbia usato in tempi diversi - mai accaduto in passato - il bastone e la carota nel giudicare il comportamento del Corpo di Polizia, che abbia segnalato dal suo insediamento oltre 100 casi di disagio nelle prigioni italiane e che stia lavorando ad un riforma sociale e strutturale per migliorare il sistema carcerario nostrano.
Indipendentemente dalle posizioni politiche e nonostante il giudizio sulla scarcerazione di Giulia Ligresti sia stato ritenuto oggettivo dal Procuratore e dagli altri Organi interessati, è obbligatorio che il Ministro fughi i dubbi rimasti - sui legami con la famiglia Ligresti e sull'effettiva intercessione - in modo da non lasciare soprattutto se stessa in balia delle speculazioni di chi cerca un alibi per attaccare tutto e tutti o di chi spera di coprire le magagne dei predecessori con inganno e falsità.
Tuttavia, le dimissioni sarebbero state il gesto più appropriato, soprattutto se fossero giunte immediatamente, non per avallare un sospetto, ma per allontanarlo.
Nel resto del mondo ci si dimette per un senso di responsabilità, in attesa che le indagini rendano al popolo la verità. In Italia non succede, perché le dimissioni sono ritenute più una debolezza dei potenti che un obbligo morale nel rispetto delle Istituzioni.
E pensare che in mezzo ai tanti scandali che negli ultimi anni (Ruby, dissidente Ablyazov, ecc.) hanno avvolto il nostro Paese a pagare sia stata la sola Ministra Idem, l’unico Ministro tedesco della Repubblica italiana.

giovedì 31 ottobre 2013

Mercato obbligazionario: l'Italia al traino della Spagna - dal "Quotidiano" del 31 ottobre


Il dato relativo alla crescita del PIL spagnolo del terzo trimestre (+0.1%) sancisce l’uscita tecnica del Paese iberico dalla recessione e il contemporaneo sorpasso, con allungo, dei titoli obbligazionari su quelli italiani.

In una fase tanto incerta per i bond, sotto pressione in attesa di conoscere le mosse delle Banche Centrali, impegnate da una parte (Usa) a ridurre con gradualità gli acquisti di bond senza comportare shock sui mercati e dall’altra (Europa) a vigilare sulla ristrutturazione del sistema bancario, il rendimento delle obbligazioni decennali spagnole si appresta a scendere sotto la soglia del 4% (quelle italiane sono vicine al 4.2%), [...] consegnando agli investitori internazionali un “lido” più affidabile e redditizio.

Parallelamente al rally spagnolo, anche i titoli nostrani godono di un periodo favorevole, [...] in considerazione di una situazione meno rischiosa rispetto al recente passato. In primo luogo, le minacce di caduta del Governo sembrano ormai essere state "prezzate" dai mercati, che le ritengono non più come un rischio rilevante e comunque arginabili nel breve periodo.

In più, lo stress test a cui saranno sottoposte le banche italiane, alla lunga, non offrirà sorprese di rilievo per le big, ma potrebbe richiedere ricapitalizzazioni soltanto per i piccoli istituti [...] e sacrifici per i cosiddetti “shareholders” (detentori primari di quote di capitale e di debito) in sintonia con le richieste della Germania, l’ala più critica dell’Unione Europea.

Altre notizie positive, poi, giungono dalle aste di Ctz e Bot semestrali sottoscritte totalmente dagli investitori istituzionali; il Tesoro ha bissato il successo ottenuto recentemente con l’emissione di Btp a 5 e 10 anni e grazie alla discesa della cedola del titolo quinquennale sotto la soglia psicologica del 3% - livello raggiunto l’ultima volta a maggio - mostra una rinnovata affidabilità del nostro Paese agli occhi esteri.

Altra conferma arriva dai fondi pensione tedeschi che, dopo due anni di assenza, [...] hanno iniziato ad acquistare Bot in asta (seppure con un rendimento non eccezionale dello 0.6%), confermando un cambiamento di approccio internazionale nei confronti dei titoli italiani.

A dispetto di un mercato dei bond periferici complessivamente in ripresa, rimane una maggiore fiducia nella Spagna rispetto all’Italia, in conseguenza di riforme che nel primo caso sembrano avere avuto un’iniziale efficacia, non invece riscontrabile nel nostro Paese. [...]

Pertanto, sembra difficile credere ad un pronto risorpasso dei bond italiani su quelli spagnoli, almeno fino a che la ripresa non si trasformi da “finanziaria” a “reale”.

giovedì 24 ottobre 2013

Mercati: pausa di riflessione? - dal 'Quotidiano' del 25 ottobre



Dopo settimane di rialzi le borse europee sembrano essere vicine ad una pausa, in attesa di conoscere gli eventi futuri e di valutare i rischi annessi.

L’elemento che ha condizionato questa iniziale correzione è la pubblicazione del dato mensile sui posti di lavori creati negli Stati Uniti: le 148 mila nuove assunzioni hanno spiazzato gli analisti, che attendevano una crescita molto vicina alle 200 mila unità.

L’immediata reazione è stata positiva con un rialzo degli indici azionari di tutto il mondo, convinti da un condizionamento dell’azione della Federal Reserve dopo le notizie negative giunte dal mondo del lavoro. [...]

Ci si attende che il futuro Presidente Yellen continui ad inondare il mercato di liquidità, allontanando di qualche tempo l’attenuazione e la definitiva rimozione del “Quantitative Easing” ed a rinviare ulteriormente l’aumento dei tassi, previsto ad oggi per il 2015.

Anche lo “shutdown” delle attività federali, dopo la chiusura degli uffici per 16 giorni, [...] influenzerà la Fed, che in qualche modo dovrà compensare gli effetti negativi dell’estenuante scontro tra repubblicani e democratici per l’innalzamento del tetto del debito - quasi 24 miliardi di costo per le casse dello Stato - prendendosi altro tempo prima di lasciare l’economia libera di crescere senza aiuti.

Visto che i mercati si fidano più della Fed che dell'economia reale, [...] ecco spiegati i nuovi massimi registrati dagli indici oltreoceano, lasciando qualche punto interrogativo solo per le borse asiatiche ed europee. 

A preoccupare gli operatori, infatti, è giunto il forte deprezzamento del dollaro statunitense: è normale che un’aspettativa di tassi bassi ancora per molto tempo indebolisca la valuta di riferimento e, quindi, un conseguente rafforzamento delle valute asiatiche e dell’euro ha immediatamente depresso gli indici dei Paesi in questione.

Il timore, infatti, risiede nella perdita di competitività delle aziende europee e dei big esportatori giapponesi, che non potrà che riflettersi prima sui bilanci e poi sull’andamento degli indici azionari industriali.

Anche l’imminente supervisione che la BCE inizierà a breve e che per un anno terrà sotto osservazione l’intero sistema bancario del Vecchio Continente potrebbe rappresentare [...] un elemento di incertezza e, pertanto, non è da escludere che nel medio periodo il favore di cui godevano le azioni europee rispetto a quelle americane in termine di rendimento possa nuovamente capovolgersi, tornando a favorire gli Usa.

Al di là delle politiche di “turn over” ed in assenza di elementi esogeni fortemente distorsivi ogni apparente rallentamento  rappresenterà solo una pausa salutare per un mercato che attende ansioso il cosiddetto “rally di fine anno”.   

giovedì 17 ottobre 2013

Legge di Stabilità: manovra senza coraggio - da articolo pubblicato su "Il Quotidiano" del 17 ottobre



Come prevedibile ed in linea con la maggior parte delle “finanziarie” siglate nel nostro Paese anche la Legge di Stabilità presentata dal Governo Letta mostra scarso coraggio e poca incisività.

Tuttavia era difficile attendersi di più perché la coperta è come sempre corta e le pressioni politiche e sociali sono una minaccia per un esecutivo in bilico e costretto a barcamenarsi tra posizioni differenti. [...]

Se positivi possono essere definiti concettualmente i soldi destinati al cuneo e agli sgravi fiscali, scarso può dirsi il ‘quantum’ e cioè il miliardo e mezzo destinato al taglio degli oneri, che poco restituirà ai lavoratori e poco inciderà sui bilanci delle aziende, che non riusciranno con tale intervento ad aumentare la propria competitività.

Dal punto di vista del singolo cittadino i soldi in busta paga non compenseranno minimamente l’arrivo della nuova “service tax” (Trise) che ingloberà Imu, Tares e Tarsu e che dovrebbe valere poco meno di 400 euro a famiglia.

I conti, però, si faranno alla fine quando si capirà come sarà strutturata la tassa tra effettivo utilizzo e discrezionalità degli enti comunali e considerando come i nostri politici valutano la ricchezza degli italiani – una proposta recente definiva “case di lusso” quelle con rendite superiori a 750 – non potrà che rivelarsi anche questa come un’ennesima stangata.

Gli altri interventi riguarderanno la Pubblica Amministrazione (turnover congelato fino al 2018 e ritocco degli straordinari), il blocco della rivalutazione delle pensioni sopra 3 mila euro, l’aumento dei bolli sui conti [....] e la proroga degli “eco-bonus” energetici al 65%. [...] Tuttavia, nessuna delle risorse create verrà destinata alla crescita ed allo sviluppo in mancanza di un’azione incisiva ed estesa.

Se l’obiettivo è la riduzione della spesa intervenire sugli stipendi è riduttivo di fronte ad un taglio dei costi della “macchina Italia” mai neppure minimamente iniziato.

Se si vuole ridurre l’onere su imprese per incentivare le assunzioni e aiutare i lavoratori dipendenti bisogna aumentare gli sgravi per restituire quel ‘potere’ capace di arrivare direttamente ai consumi, osando negli interventi.

Inoltre, al di là delle analisi demagogiche, non c’è traccia di politiche atte a ridurre il debito e limitare l’evasione fiscale. [...] Il risultato è la nascita di manovre strutturalmente poco incisive, che da sempre i Governi attuano per tamponare i problemi di breve periodo con prelievi diretti o indiretti sui redditi dei lavoratori dipendenti e con tasse su chi possiede un immobile - ma che purtroppo su questo stesso ha un debito rilevante - e non su chi, invece, danneggia irreparabilmente la nostra economia.

In attesa di capire come questo testo (come sempre) cambierà, assistiamo all’ennesimo buco nell’acqua.

venerdì 11 ottobre 2013

Italia: politica, economia e mercati. Quanti controsensi. - da articolo pubblicato su "Il Quotidiano" del 10 ottobre



Dopo la fiducia ottenuta dal Governo Letta era auspicabile una fase di transizione in vista delle scadenze future e della chiusura dell’anno, ma gli improvvisi accadimenti economici e politici hanno rimescolato nuovamente le carte. [...] 

Le presunte “intromissioni” del Presidente del Consiglio sulle questioni interne al PdL, le polemiche scaturite dopo la tragedia di Lampedusa in merito alle legge sull’immigrazione ed in ultimo il richiamo di Napolitano sulla necessità di modificare le norme per garantire un trattamento dei detenuti nel rispetto dei principi umanitari, hanno contribuito a creare grande fermento all’interno del Parlamento.

Il futuro del centro-destra è ancora molto incerto e non è detto che la sconfitta di Berlusconi possa avere conseguenze limitate [...]. Pertanto, è ancora difficile da prevedere quale connotazione possa avere l’azione governativa da qui in avanti e, ancor di più, se la parte moderata del Pdl sia in grado di assumere posizioni meno rigide, anche in relazione a questioni sociali come le norme sull’immigrazione e la “questione carceraria”.

A ciò si aggiungono le non trascurabili divisioni all’interno della maggioranza di governo relative alla materia economica, alla quale anche dall’estero si guarda con sospetto.

I rischi legati alla situazione finanziaria di Alitalia, il taglio del rating di Telecom Italia, la necessità di una manovra che consenta al rapporto deficit/pil di rientrare sotto il 3% ed il possibile intervento sulle accise o sull’Imu sono argomenti delicati capaci di mettere in discussione persino la tenuta stessa del Governo e condizionare pericolosamente i giudizi delle Agenzie di rating. [...]

In mezzo a tanta incertezza appare quasi irrazionale ciò che accade sui mercati finanziari: la borsa italiana e soprattutto il comparto bancario continuano a registrare le migliori performance relative e ciò pare ancora più ingiustificabile se si considera che in America lo stallo sul “debt ceiling” ha portato la maggior parte degli operatori a vendere titoli statunitensi [...] cercando di limitare i rischi.

Il braccio di ferro tra repubblicani e democratici terminerà positivamente ma non è detto che per ottenere ciò si debba assistere ad uno shock che i mercati fanno fatica a prevedere ed a contenere.

In questa fase, quindi, la scelte di preferire l’Europa e le azioni dei Paesi periferici - e soprattutto l’Italia - appare motivato dalla sottoperformance di questi ultimi nei recenti anni, prima che un elemento esogeno dia una giustificazione a ciò che oggi appare inspiegabile.

venerdì 27 settembre 2013

Washington Debt Ceiling: rischi dagli Usa - da articolo pubblicato su "Il Quotidiano della Calabria" del 27 settembre



In una fase parzialmente favorevole come quella attuale diviene difficile individuare i potenziali rischi [....] sui mercati finanziari internazionali, soprattutto se la politica monetaria americana rimane accomodante e la crisi del debito europeo piuttosto attenuata.

Se tralasciamo i timori legati all'Italia, circoscritti allo squallido teatrino politico messo in piedi dal PdL, [....] l'unica possibilità di un ridimensionamento degli indici azionari è rappresentato dal cosiddetto “debt ceiling”, il tetto del debito pubblico statunitense.

Come accaduto già negli anni scorsi e soprattutto nel 2011, quando l’estenuante dibattito politico Usa alimentò oltre un mese di panico sui mercati [....], l'approvazione del piano di spese da parte del Congresso, per il nuovo anno fiscale che inizia la prossima settimana, pare essere ancora in alto mare.

Il Tesoro ha posto dei paletti invitando i politici ad un accordo in breve tempo per evitare il blocco del pagamento degli stipendi dei dipendenti pubblici ed i conseguenti tagli automatici, [....] nonchè un default tecnico arginabile, non come la severa scure delle agenzie di rating, pronte ad intervenire ulteriormente sul giudizio degli Stati Uniti.

E’ strano pensare che la più grande economia mondiale possa incepparsi improvvisamente per un processo legislativo tortuoso e soggetto alla discrezionalità dei membri del Congresso e quasi mai in possesso di una maggioranza equilibrata tra Presidenza e rappresentanze di partito.

I primi attriti tra repubblicani e democratici hanno riguardato i tagli che i primi hanno già fatto approvare, grazie alla maggioranza alla Camera, per finanziare le agenzie di Governo nei primi mesi dell’anno fiscale togliendo, però, fondi al cosiddetto “ObamaCare”. Di contro, il Presidente ha già parlato di un suo possibile veto e ciò non fa che alimentare ulteriormente la tensione. [....]

E’ importante, comunque, che i politici sappiano che [....] la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica è critica su questa diatriba e non vuole immaginare minimamente il rischio default.

Pertanto, sfidare la maggioranza civile del Paese potrebbe risultare devastante soprattutto per il partito repubblicano, a cui nelle elezioni di medio termine del prossimo anno potrebbe venire imputata la colpa di ciò.

Quindi, se il buon senso prevarrà anche questa fase sui mercati verrà archiviata con scosse di lieve entità.

martedì 24 settembre 2013

Un Paese 'contendibile'




La parola maggiormente utilizzata negli ultimi quindici anni ogniqualvolta si parlava del comparto telefonico italiano è sempre stata 'contendibilità' e cioè quella peculiare caratteristica (manageriale e contabile) societaria che la rende appetibile agli occhi dei suoi concorrenti.
Telecom Italia è sempre stata contendibile e quindi oggetto delle osservazioni altrui per ragioni differenti: il suo ampio raggio d’azione geografico, la diversificazione del business ed il valore del circolante.
Dopo l'ingresso nel capitale ormai da qualche anno, la chiusura dell’acquisizione da parte di Telefonica è parsa logica a tutti gli addetti ai lavori, ma ha sorpreso incredibilmente molti, sopratutto tra i politici. 
Da oggi la compagnia spagnola sarà l’azionista di maggioranza relativa, possedendo una fetta totale dell’azienda non superiore al 15% e potendo salire al 23% e da lì controllare un colosso di 40 miliardi di debiti.
Telefonica con un esborso limitato e finanziato dalle banche investitrici uscenti avrà modo di gestire la divisione wireless (TIM) italiana, ma sarà costretta a vendere l’affiliata brasiliana (un gioiellino!) per norme concorrenziali. Sul business internet e voce tutto è ancora da definire con i dubbi legati alla gestione della rete (strategica a livello nazionale) e alla ridefinizione delle tariffe (roaming e non).
E per gli oltre 80.000 dipendenti cosa cambierà? Nel breve non molto, ma nel medio termine la ristrutturazione obbligata riguarderà anche la forza lavoro, le sinergie di costo e le duplicazioni. Questo è un destino che riguarderà tutte le aziende italiane internazionalmente contendibili.
Qualunque sia il prossimo settore (bancario?) di interesse per ulteriori investitori esteri è importante discutere non tanto sulle motivazioni che suggeriscono la 'scalata', quanto il perché dell’assenza di una classe industriale capace di difendere l'italianità e mettere in luce i ‘gioielli’ nostrani.
Nel  settore delle telecomunicazioni già da anni avevamo lasciato ad altri la gestione del business dopo i flop di Colaninno, Tronchetti Provera e l’avvento di inglesi e cinesi, lo stesso dicasi per il lusso venduto in gran parte ai francesi in mancanza di un agglomerato capace di difendere il valore del ‘made in Italy’, ma solo in presenza di tanti 'marchi' desiderosi di primeggiare individualmente, mentre per il vettore Alitalia conosciamo tutti la farsa con cui ai francesi è stato concesso di rilevare l’azienda a costo pressoché nullo.
Ciò che è ‘contendibile’ per gli altri, per il sistema finanziario e industriale italiano è un peso. E’ inutile chiedere l’intervento politico ad affare concluso: è solo un tentativo per nascondere le magagne e le colpe di un Paese in profondo declino, ostaggio degli egoismi personali.

giovedì 19 settembre 2013

La battaglia (politica) sull'Iva - da articolo pubblicato su "Il Quotidiano della Calabria" del 19 settembre



Dopo aver trovato le coperture per l’annullamento dell’IMU sulla prima casa, adesso diviene difficile trovare i soldi per scongiurare l’aumento dell’Iva. E’ quanto emerge dal Ministero dell’Economia che in maniera non inattesa ha riaperto una discussione che ha una duplice interpretazione economica e politica.

In primo luogo, [...] il Governo Letta sarà a breve impegnato nel completamento di alcuni interventi rivolti al sistema produttivo nostrano su richiesta anche delle Autorità estere (UE, OCSE e FMI), le quali ritengono che la priorità sia una riduzione delle imposizioni sul lavoro e sulle imprese per attrarre investitori esteri e per avviare prima del tempo una ripresa che tarda ad arrivare. [...]

Pertanto, pur avendo trovato i soldi (2.4 miliardi) necessari per sostituire l’IMU, bisognerà lavorare per reperire le risorse obbligatorie per la riduzione del cuneo fiscale e per l’Iva, ma se nel caso dell’imposizione sulla prima casa si tratta solo di un impegno preso ‘propagandisticamente’ dalle forze di maggioranza, per la tassa sui beni di prima necessità si tratta di una legge che sarà effettiva sin da ottobre. Quindi, non è impensabile un capovolgimento di scenario, anche se difficile da spiegare non solo alle forze politiche ma anche agli italiani.

Dovendo e volendo agire sul sistema impresa [...] non è da escludere che si cerchi una via di mezzo e cioè che si mantenga quanto promesso in merito all’IMU, che la riduzione del cuneo sia solo per i neo assunti a tempo indeterminato, per i lavoratori tra i 18 e i 29 anni e per gli incentivi ai disoccupati da almeno sei mesi e che sull’Iva si cerchi un compromesso temporaneo fino a fine anno.

Resta la connotazione politica del dibattito: il Pdl opta per l’Iva e preferisce difendere i consumi piuttosto che lavorare sull’alleggerimento della pressione sulle imprese, mentre il PD appoggia la linea di Letta e di Saccomanni, [...] decisi ad appoggiare un intervento di natura più strutturale che porti l’Italia sulla retta via.

Il rischio, però, potrebbe non essere [...] la contrazione degli acquisti, ma le ripercussioni politiche e di conseguenza economiche dello scontro in questione: esiste la possibilità che la ‘battaglia sull'Iva’ possa diventare un pretesto in una fase politica tanto delicata e che, in prossimità della decisione della decadenza di Berlusconi dal Senato, la durata del Governo possa essere strettamente collegata a detti eventi.

Troppo spesso si discute su condizioni e ‘ricatti’ che arrecano danni ad un’economia malata, ostaggio di propaganda politica e di scarsa lungimiranza.

venerdì 13 settembre 2013

Mercati: le nubi si diradano, meno sull'Italia - da articolo pubblicato su "Il Quotidiano della Calabria" del 13 settembre


Dopo l’intervento del Cremlino [...] una soluzione positiva relativa alla ‘questione siriana’ appare sempre più probabile e ciò sembra aver condizionato positivamente i mercati finanziari.

Essa rappresentava per gli operatori uno degli elementi distorsivi di questa fase post-estiva sulle borse mondiali, preoccupate anche dalla crescita economica incerta nei Paesi Emergenti e dalla gestione della politica monetaria da parte della Federal Reserve americana.

In Asia i timori legati ad una sorta di “soft landing” [...] iniziano ad essere più contenuti e ciò è riscontrabile nella recente pubblicazione di indici macroeconomici specifici [...] che hanno alimentato un ritorno di interesse dei grandi investitori nell’area. Anche la forte crescita del Pil giapponese e la ‘cura Abe’ sembrano garantire prospettive rosee per l’economia nipponica, diventata dopo decenni di stagnazione una forza trainante per l’intero Continente.

In America i dati sul mercato del lavoro suggeriscono cautela nell’implementazione della riduzione degli acquisti di Treasury e con un grande sforzo di comunicazione della Fed probabilmente si riuscirà a far ‘digerire’ il primo taglio di ottobre di circa 10 miliardi di dollari [...] come un episodio di routine.

Pertanto, se la guerra in Siria appare congelata, forse solo temporaneamente, sui mercati aleggiano in questa fase incertezze sporadiche e arginabili: il tetto del debito Usa verrà rinegoziato con concessioni democratiche e/o rinunce repubblicane e le elezioni tedesche alla fine consegneranno alla Merkel il comando del Paese con la sola incognita delle alleanze. [...]

E la situazione politica italiana? In una fase più incerta la lunga ed estenuante questione “decadenza” avrebbe condizionato l’intero panorama borsistico europeo, mentre oggi è solo garanzia di volatilità per l’indice italiano.

Sarebbe auspicabile un reale passo indietro da parte di Berlusconi dalla vita politica nostrana in attesa degli esiti giudiziari e magari di un clemenza “ad hoc”, ma è difficile credere che ciò avvenga.

Rimane la certezza che una caduta di questo Governo sia più negativa all’ex-premier che altro e che un Governo alternativo sia anche peggio, quindi al di là delle forzature, dei rinvii e di chissà quali altre creative opzioni è probabile che il ‘virus italico’ sia destinato a infettare solo la vita economia e politica interna del nostro Paese, da cui l’Europa inizia ormai ad essere immune.

martedì 10 settembre 2013

Enigma siriano



L’enigma siriano è vicino alla sua conclusione o forse no.

Dopo l’intervento del Cremlino e la conferma di un impegno concreto di Damasco ad accettare il controllo internazionale del proprio arsenale, una soluzione positiva appare più che probabile.

Da una parte la Russia, che ne esce rafforzata grazie al suo ruolo di 'mediatore', e l’Europa non belligerante, che si è sempre tenuta ai margini dello scontro, e dall’altra i 'duellanti', che per differenti motivazioni sembrano avere accettato di buon grado la soluzione tampone.
Gli Stati Uniti dopo aver fatto i conti con la posizione critica della popolazione americana e lo scetticismo degli altri partner internazionali, hanno ridimensionato le proprie mire facendo un'improvvisa marcia indietro ed evitando di iniziare un conflitto pericoloso non solo in termini di durata e di perdite, ma soprattutto reputazionali, visto che i voti in Senato sarebbero potuti essere insufficienti per ottenere un via libera ed una forzatura ulteriore avrebbe consegnato al mondo un'America arrogante e avventata. 
In più, accettare una verifica dell’arsenale chimico siriano consegna ad Obama una carta da giocare più avanti, visto il probabile inserimento dell’ONU che con una risoluzione potrebbe delineare i limiti al di là dei quali gli Stati Uniti potranno agire in futuro, qualora il regime siriano si dimostrasse in difetto.
Rimane incerta la posizione di Assad: in primo luogo, il nodo relativo ai crimini perpetrati nei confronti della popolazione non è stato ancora sciolto e non è da escludere che l’intervento delle Nazioni Unite possa riguardare anche ciò ed, in secondo luogo, la guerra civile rimane sempre più nel vivo, ancor più accesa dalla rabbia delle diverse fazioni contendenti, comunque deluse dalla scelta americana.
In tale contesto è da sottolineare l’azione 'furba' della Russia, che con estrema scaltrezza ha assunto posizioni piuttosto ambigue: prima critica nei confronti degli Stati Uniti, poi in difesa della Siria ed in ultimo tornata sui suoi passi smorzando l'appoggio ad un pericoloso personaggio come Assad, optando per il ruolo di mediatore. 
In ultimo, rimane la posizione critica di chi come Israele crede che la proposta russa non serva altro che a dare tempo all'inaffidabile Siria per rimuovere e cancellare le prove della propria colpevolezza, e di chi ritiene questa fase come una transizione necessaria per i due schieramenti, necessaria per 'costruire' nuovi sbocchi e consensi. 
La guerra è sospesa, probabilmente solo rinviata.

venerdì 6 settembre 2013

L'Angelo invisibile è tornato



Poco più di un anno fa aveva catturato la mia attenzione la notizia relativa all’operato di un facoltoso anonimo imprenditore milanese, che veniva in soccorso di individui con problemi di denaro, che conducevano una vita disagiata ed impossibilitati a vivere 'decorosamente' le proprie giornate.
Aveva  aiutato un barbone che dormiva in macchina, che descrivendo la sua disavventura – un tumore, un fallimento, problemi di denaro – parlava della città in cui viveva come “dura e spietata” e che ti morde, ti stritola e poi ti butta via. Con la crisi che, ormai, si protrae da anni, succede sempre più spesso e purtroppo ovunque.
Il suo aiuto aveva interessato altra gente in difficoltà: chi non riusciva ad avere i soldi per acquistare un frigorifero, chi il denaro per mantenere e far studiare i propri figli, chi la disponibilità per un trapianto di midollo osseo per Mohamed, un bimbo di pochi anni. E probabilmente molti altri ancora.
Oggi, l’Angelo si è fatto nuovamente vivo in soccorso del piccolo Giorgio, giunto all’ospedale di Palermo con fratture agli arti ed il cranio fasciato dalle botte ricevute non da gente sconosciuta, ma dai suoi stessi genitori. L'ennesima triste avventura che evidenzia due modi diversi di 'amare'.
Chi non riesce a custodire e preservare quel tesoro che è la vita del proprio bimbo e chi quel tesoro creato negli anni di lavoro lo utilizza per arricchire il mondo di umanità e generosità.
Un anno fa spiegava i suoi gesti con semplicità, come un atto dovuto per chi come lui era ‘fortunato’ a possedere tanto denaro. Il suo impegno era un dono per molti e un insegnamento per i suoi figli. Diceva: “chi ha deve aiutare chi non ha. Il valore dei nostri gesti è direttamente proporzionale a quello di cui ci priviamo per aiutare gli altri. Il mio gesto, che non devo rinunciare a nulla, ha poco peso”.
Generalizzare e pensare che non esistano altri Angeli in giro è sbagliato, ma è forse utile sentire di tanto in tanto questa presenza vicina. E' un messaggio diretto ad una generazione disattenta, depauperata di valori, soprattutto pronta a voltare lo sguardo oltre e catalogare tutto come normale e scontato.

Le associazioni di volontariato hanno certamente 'visibilità' e questo, a volte, aiuta e responsabilizza parte di questo 'anello debole', ma spesso con una donazione o con un atto occasionale si trascura la mancanza di un impegno civile concreto, continuo e duraturo, che risiede nel modo di pensare e di agire in questo presente, di cui ogni individuo è personalmente responsabile. 

'Invisibile' è ciò che non compare, ma che 'tocca' e arriva fino in fondo.

martedì 3 settembre 2013

Passo decisivo nel 'risiko' democratico


L’investitura di Dario Franceschini è di quelle importanti, capace di decidere rapidamente la corsa alla guida del Partito Democratico.
Prima di tutto bisogna precisare che Matteo Renzi non è personaggio in cerca di approvazione e di consenso da alcuna 'ala' del partito e che anzi preferirebbe non rientrare nel 'gioco delle correnti' in atto da sempre nel PD, per evitare di essere strumentalizzato.
Affibbiare al sindaco di Firenze un’etichetta non gioverebbe in campagna elettorale, di fatto potrebbe limitarne il raggio d’azione e, soprattutto, condizionare il progetto di ‘repulisti’ in elaborazione.
Renzi non desidera essere ‘imprigionato’ e neppure contornato da potenziali ‘carrettisti’ e cioè da esponenti del partito pronti a salire sul ‘carro’ del (potenziale) vincitore, poiché il rischio di dover gestire tale 'zavorra' in volo potrebbe risultare faticoso e oneroso in termini di consenso.
Rimangono certi gli effetti dell'uscita pubblica del Ministro:
1 - l’endorsement viene da una figura importante del partito, legata soprattutto al Presidente del Consiglio Letta ed all'ex-segretario Bersani: il primo sembra ormai essersi defilato dalla corsa in considerazione della durata del Governo che potrebbe risultare meno breve del previsto, mentre il secondo è ormai costretto ad ingoiare l'ennesimo boccone amaro e ad assumere una figura marginale in sede di Congresso;
2 - gli ex-popolari e gli ex-margherita iniziano a poter contare su un numero rilevante ed anche l’opposizione di alcuni singoli (Franco Marini in primis) potrebbe attenuarsi e rientrare, ricompattando di fatto una 'fazione' nutrita del partito, ostile a quella che ha condotto il PD negli ultimi dodici mesi, dalla deludente campagna elettorale all’elezione 'fantozziana' del Presidente della Repubblica;
3 – le ali estreme paiono ormai fortemente indebolite e rimangono in lizza solo le posizioni intransigenti del giovane Civati e quella che sembra essere diventata la 'minoranza post-pd/pds', guidata dai dalemiani pronti a candidare Gianni Cuperlo, in cui potrebbe confluire proprio l’esiliato Bersani.  
Il 'gioco delle correnti' sta per entrare nel vivo e diversamente dal passato una svolta appare probabile e necessaria per un partito in crisi da tempo, in cerca di una leadership forte e dell'eliminazione delle tante contraddizioni interne.
Rimane, comunque, la certezza di una ‘battaglia’ senza esclusione di colpi e sorprese che se dovesse terminare - come appare probabile - con la vittoria di Renzi potrebbe concludersi con qualche 'fuoriuscita' eccellente, perché il sindaco ha promesso una ‘rottamazione’ reale e mai permetterà che essa si trasformi in un'opera di ‘riciclaggio’ del vecchia politica.

venerdì 30 agosto 2013

Mercati di guerra



Ultimamente le ‘moderne’ guerre rappresentano per gli investitori eventi dai mille volti, caratterizzati soprattutto da cambiamenti repentini: si inizia con i timori legati alle incertezze relative alla portata degli attacchi, alle reazioni dei Paesi interessati, delle Associazioni umanitarie e di tutte le altre Organizzazioni coinvolte ed all’ignota durata del conflitto stesso.
Tutto ciò inevitabilmente allarma i 'cinici' mercati non tanto per i ‘danni collaterali' annessi, ma per quell’elemento che da sempre spaventa le borse e cioè l’incapacità di conoscere perfettamente i 'confini' entro cui la guerra stessa si muove.
Successivamente, dopo i primi ‘bombardamenti’, tutto diviene routine e subentra l’effetto secondario quasi sempre salutare per le borse. Molti sostengono che le guerre siano un volano per l’economia grazie alle spese militari ed agli investimenti che nel campo della sicurezza sono obbligatori prima e dopo detti eventi.
C’è chi invece sostiene che esse non siano altro che eventi capaci di distogliere l’attenzione della gente comune dalle preoccupazioni (finanziarie) quotidiane.
In questi giorni, in attesa di capire cosa decideranno Stati Uniti e Gran Bretagna sul potenziale attacco alla Siria di Assad - che da mesi risponde alle proteste della sua popolazione con armi, anche se non necessariamente chimiche, comunque causa di migliaia di morti - i mercati finanziari scendono e non solo per i timori di guerra, ma anche per diversi altri fattori: l'arrivo di una ‘correzione’ necessaria dopo il raggiungimento per gli indici azionari americani di valori massimi ingiustificati in considerazione della debole ripresa statunitense, le incertezze dei membri della Federal Reserve in merito al cosiddetto ‘tapering’ del “Quantitative Easing”, la conferma che diverse economie emergenti stiano attraversando un'importante fase di decrescita relativa, il possibile slittamento del raggiungimento dei target di bilancio in Grecia e l’instabilità politica italiana.
Allora come distogliere l’attenzione da tutto questo? Con una 'guerra lampo' capace di far stornare i mercati in maniera ‘salutare’ prima di tornare a testare nuovamente i massimi in America e provare ad annullare le grosse perdite degli ultimi due anni in Europa.
Se anche questa non fosse la motivazione principale, rimane la certezza che il 'costo sociale' di una guerra in Siria importi a pochi, sicuramente nulla alla colpevole diplomazia mondiale.  

martedì 27 agosto 2013

Lo 'spread' alla base di una nuova 'teoria del complotto' berlusconiana



A chi, come gli editorialisti del “Giornale”, crede che un’intervista all’economista francese Nouriel Roubini possa condizionare la discesa del mercato azionario italiano e l’allargamento (fino ad ora marginale) dello spread di questi giorni probabilmente sfugge la corretta funzionalità del sistema finanziario. 

Se poi l’analisi nasce dall’esigenza di alimentare la 'teoria del complotto' ed accrescere il desiderio di vittimismo di cui vive la destra politica (o forse economica!) italiana allora il discorso è differente. 

In primo luogo Roubini, da sempre riconosciuto per le sue posizioni spesso pessimistiche, non ha aggiunto niente di più rispetto a ciò che le Borse conoscono da tempo e cioè che la precarietà politica non è un elemento positivo per la stabilità finanziaria e che le diatribe tra le due anime opposte del Governo - soprattutto in relazione ai 'ricatti' del Pdl sull’IMU, che hanno come unico obiettivo quello di tentare di condizionare il voto di settembre sulla decadenza di Berlusconi – non possono che allarmare chi sui mercati auspicava una durata più lunga dell’Esecutivo.

Lo spread è salito nel 2011 per la mancanza di una strategia governativa chiara e netta nella risoluzione dei problemi strutturali di cui il nostro Paese ha sempre sofferto, ma anche nella gestione delle necessità immediate di allora, mentre oggi lo spread è sceso a livelli più accettabili perché ai sacrifici degli italiani richiesti dal Monti sono seguiti gli interventi risolutivi dell'ECB guidata da Draghi ed un (temporaneo) credito di fiducia concesso al nostro Paese dall’Europa e soprattutto dalla Germania, che senza dubbio dopo le elezioni di settembre tornerà a riscuotere con gli interessi.

Inoltre, la soglia fissata da Roubini per il nostro spread a breve (300) non appare così allarmante considerato il recente passato e comunque rappresenta lo stesso livello toccato non più tardi di due mesi fa quando nessuno utilizzava tale argomento come 'ghigliottina' nei confronti di Berlusconi, come oggi sostiene il "Giornale".   

Il quotidiano di famiglia avrebbe, invece, fatto bene a criticare Roubini per altre frasi come quella relativa all’operato del Governo: accettabile la stima per la figura di Enrico Letta, molto meno il giudizio su un'azione governativa fragile, poco incisiva e priva di coraggio e lungimiranza. 

Al di là delle valutazioni di Roubini e delle critiche del “Giornale”, lo spread misura l’affidabilità finanziaria relativa di un Paese rispetto ad un parametro attendibile (Germania), mentre per una valutazione assoluta bastano decenni di ‘mala gestio’.

venerdì 2 agosto 2013

Agosto, 'nemico' mio non ti conosco



Agosto è iniziato e con esso un periodo 'bollente'.

Il mese si è aperto con la conferma della sentenza di condanna di Berlusconi che ha colto di sorpresa molti: il suo 'esercito' per cui la parola 'annullamento' ha un unico significato, i suoi avvocati che credevano di avere 'buone carte' e lo stesso protagonista che, parafrasando uno dei suoi slogan, credeva di essere 'invin(s)cibile'.

Il Governo Letta dovrà fare i conti con le 'intemperanze' del PdL, pronto a ricattare l'Esecutivo con l'avvento del nuovo 'movimento' settembrino. Forse, però, la destra dovrebbe interrogarsi sull'utilità di questo Governo: il Pdl è un partito con un leader dimezzato, senza personaggi di spicco al suo interno (non è che dall'altra parte abbondino, a dire il vero!) e incapace di dettare una linea politica chiara al di là di semplici 'personalismi'.

Far cadere il Governo potrebbe essere controproducente, visto che difficilmente questo Parlamento voterebbe l'allontanamento di Silvio e che le incognite su possibili ricandidature potrebbero condizionare l'intero futuro politico della destra italiana.

Pertanto, meglio giocare il ruolo della vittima sacrificale ancora per un po', sbraitare contro la Magistratura e cercare di 'spaventare' il PD, che dimostra ancora una volta di non saper leggere negli occhi di Berlusconi la paura e, di conseguenza, di non saper 'ricattare' o mettere politicamente alle strette l'avversario.

Di fronte al clamore creato ad arte da Berlusconi, dal PdL e dai suoi 'seguaci' spesso ci si dimentica di quello che accade e che è accaduto in passato. Oggi ricorre l'anniversario della Strage di Bologna: l'Italia, soprattutto a destra, dovrebbe indignarsi non per una sentenza emessa democraticamente, ma per il silenzio che accompagna trentatre anni di omertà. C'è chi aspetta i risarcimenti, chi vorrebbe conoscere realmente colpevoli e mandanti, chi è ritenuto responsabile e potrebbe non esserlo, chi ha taciuto e ha depistato, chi crede siano stati i Palestinesi per ripicca e chi gli Americani e gli Israeliani per punire il cosiddetto 'Lodo Moro'.

Ma a questo l'Italia 'agostana' non è interessata, meglio dibattere su Silvio, immaginare goliardici lavori socialmente utili o ipotizzare una fuga in elicottero in Kenya o ad Antigua: l'Italia è il Paese delle 'divisioni', quelle gustosamente frivole.

Il mese poi scivolerà via come accade sempre in estate.


martedì 30 luglio 2013

Odio gli indifferenti...




"L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. [...]
Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, e avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? [...]
Perciò odio gli indifferenti"

Queste parole furono usate nel 1917 da Antonio Gramsci per 'catalogare' il comportamento di troppi uomini, protagonisti di storie non scritte e di battaglie mai combattute. Il suo messaggio seppur legato ad un periodo storico differente e maggiormente rilevante racchiude in sé i personalismi del passato come di questo presente. 

A volte ci si lamenta della lontananza della 'gente' dal centro della vita politica, della mancanza di ideali e riferimenti, dell'assenza di uno spirito patriottico o di un minimo accenno di altruismo. 

L'indifferenza si annida in mille ambiti e sapere che le nuove tecnologie ed i nuovi metodi di comunicazione, invece di agevolare le relazioni, siano in parte causa della loro 'implosione' appare piuttosto inquietante. 

Se un incidente stradale non diviene improvvisamente tragedia è forse grazie ai nuovi mezzi comunicativi, ma se la prontezza, l'assenza di paura e l'altruismo non esistessero probabilmente la vita di un'altra ragazza sarebbe spezzata. 

E' quanto accaduto qualche giorno fa ad Osio di Sotto, in provincia di Bergamo: uno scontro in auto, una vita in bilico, i soccorsi e una conclusione fortunatamente positiva. 

Nel mezzo, però, troppi interrogativi.

Perché solo un uomo ha offerto il suo aiuto? Perché intervenire è sembrata più una forzatura che una necessità? Perché tanti telefonini ad immortalare in maniera macabra l'accaduto? Perché tanta indifferenza? Perché tanto distacco? 

Chi ha salvato Jessica era un uomo di mezza età che si è imbattuto dopo vent'anni in uno stesso episodio, ma con contesti e tecnologie diverse. All'epoca non c'erano i telefonini ed i soccorsi erano più lenti, ma è riuscito in entrambi i casi a salvare le sue 'donne'. 

Ha subìto oggi come allora i controsensi di queste vicende (dubbi sull'operato) uscendone da eroe. In una fase 'materiale' di questo presente ha forse stupito la prontezza d'animo e l'assenza di calcoli di fronte a tanta indifferenza. 

Se la paura di intervenire è conseguenza dell'assenza di nozioni di 'primo soccorso' è giusto che ciò sia d'obbligo per tutti nelle scuole e sui posti di lavoro, ma se quei telefonini pronti a riprendere fossero la reale risposta ci sarebbe da interrogarsi su ben altro. 

Ci vuol fortuna ad imbattersi in un 'angelo', ma basterebbe anche solo uno scatto di coscienza familiare per provare a diventarlo. "L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita": i valori non si ereditano, si insegnano.

venerdì 26 luglio 2013

Quell'infuocata estate a Milano




Faceva caldo, molto caldo. Non si trattava di un'eccezionale ondata climatica, non era il sole a preoccupare migliaia di milanesi ma ciò che dall'alto pioveva a 'grappoli'. Era l'estate del '43 quando Milano fu bombardata dagli Alleati.

In questi giorni, in occasione del settantesimo anniversario della liberazione dell'Italia dal Fascismo, mi sono imbattuto in pagine di storia relative all'estate del 1943.

Prima il famoso 'Ordine del Giorno' presentato dagli ex-fidi Grandi, Bottai e Ciano al Gran Consiglio del Fascismo il 25 luglio del '43 con la richiesta di ripresa del potere da parte del Re, poi l'arresto di Mussolini ed in ultimo i grandi tentennamenti e le ambiguità del Governo Badoglio, rappresentarono la cronaca politica di quell'estate, conclusasi con l'armistizio di Cassibile sottoscritto dallo stesso Badoglio il 3 settembre del '43.

Ma in quell'arco di tempo, in quel vuoto governativo e decisionale il Paese fu lasciato in balia degli assalti degli Alleati, pronti a stanare le ultime resistenze prima di quella resa italiana, sancita e annunciata colpevolmente con un mese di ritardo.

Proprio di questo breve ma intenso periodo i milanesi ricordano la cosiddetta 'settimana d'inferno': nei primi giorni di agosto 870 aerei inglesi gettarono oltre 1400 tonnellate di bombe che colpirono il 50 per cento degli edifici della città, distruggendo un terzo dell'area edificata. L'obiettivo era polverizzare il maggiore centro industriale ed economico del Paese, cercando di costringere così l'Italia ad uscire dalla guerra, dopo la caduta del fascismo, ed accettare la resa. 

La notte del 13 agosto furono sganciati 220.000 spezzoni incendiari, ma fortunatamente la natura climatica della zona - l'elevata umidità tipica della Pianura Padana - per una volta è venuta in soccorso dei malcapitati milanesi e fortunatamente grazie all'urbanistica (piccoli quartieri separati da grandi viali) il fuoco non distrusse completamente la città.  
Se Il Teatro alla Scala e molti stabilimenti industriali vennero distrutti, fu invece risparmiato il Duomo e parzialmente il Castello Sforzesco, Santa Maria delle Grazie e il Palazzo Reale, mentre la viabilità (tram e filovie inutilizzabili) fu messa completamente in ginocchio: mezzo milione di persone furono costrette ad abbandonare la città.
Di quelle lunghe settimane oggi è difficile trovare traccia in città, se non nei ricordi personali. Tante storie dei ragazzi dell'epoca - oggi ultraottantenni - sono rimaste inascoltate ed è raro scovare angoli di strada che ricordino quanto accaduto.
Ai milanesi mancano le storie di quei bimbi arrampicati sui tetti per gettare via gli spezzoni incendiati, le corse nelle fogne, gli incontri nei grandi parchi e gli scavi tra le macerie, tutti racconti meritevoli di ampie platee e altra considerazione.   
Sarebbe opportuno far rivivere la storia, quelle storie. In una fase tanto 'povera' culturalmente ed in un momento di assenza di riferimenti, sarebbe l'occasione giusta per riannodare i fili, ritrovare il legame col territorio e riavvicinare generazioni sempre più distanti.

In un'estate calda come quella in arrivo a Milano sarebbe opportuno fermarsi ad ascoltare le parole dei 'nonni della periferia', quelli che in una lingua quasi incomprensibile sarebbero in grado di far rivivere quelle settimane alla perfezione, sorridendo amaramente di fronte alle preoccupazioni climatiche dei frettolosi passanti, banali in confronto a quell'infuocato agosto del '43.

Oliviero.it