martedì 27 agosto 2013

Lo 'spread' alla base di una nuova 'teoria del complotto' berlusconiana



A chi, come gli editorialisti del “Giornale”, crede che un’intervista all’economista francese Nouriel Roubini possa condizionare la discesa del mercato azionario italiano e l’allargamento (fino ad ora marginale) dello spread di questi giorni probabilmente sfugge la corretta funzionalità del sistema finanziario. 

Se poi l’analisi nasce dall’esigenza di alimentare la 'teoria del complotto' ed accrescere il desiderio di vittimismo di cui vive la destra politica (o forse economica!) italiana allora il discorso è differente. 

In primo luogo Roubini, da sempre riconosciuto per le sue posizioni spesso pessimistiche, non ha aggiunto niente di più rispetto a ciò che le Borse conoscono da tempo e cioè che la precarietà politica non è un elemento positivo per la stabilità finanziaria e che le diatribe tra le due anime opposte del Governo - soprattutto in relazione ai 'ricatti' del Pdl sull’IMU, che hanno come unico obiettivo quello di tentare di condizionare il voto di settembre sulla decadenza di Berlusconi – non possono che allarmare chi sui mercati auspicava una durata più lunga dell’Esecutivo.

Lo spread è salito nel 2011 per la mancanza di una strategia governativa chiara e netta nella risoluzione dei problemi strutturali di cui il nostro Paese ha sempre sofferto, ma anche nella gestione delle necessità immediate di allora, mentre oggi lo spread è sceso a livelli più accettabili perché ai sacrifici degli italiani richiesti dal Monti sono seguiti gli interventi risolutivi dell'ECB guidata da Draghi ed un (temporaneo) credito di fiducia concesso al nostro Paese dall’Europa e soprattutto dalla Germania, che senza dubbio dopo le elezioni di settembre tornerà a riscuotere con gli interessi.

Inoltre, la soglia fissata da Roubini per il nostro spread a breve (300) non appare così allarmante considerato il recente passato e comunque rappresenta lo stesso livello toccato non più tardi di due mesi fa quando nessuno utilizzava tale argomento come 'ghigliottina' nei confronti di Berlusconi, come oggi sostiene il "Giornale".   

Il quotidiano di famiglia avrebbe, invece, fatto bene a criticare Roubini per altre frasi come quella relativa all’operato del Governo: accettabile la stima per la figura di Enrico Letta, molto meno il giudizio su un'azione governativa fragile, poco incisiva e priva di coraggio e lungimiranza. 

Al di là delle valutazioni di Roubini e delle critiche del “Giornale”, lo spread misura l’affidabilità finanziaria relativa di un Paese rispetto ad un parametro attendibile (Germania), mentre per una valutazione assoluta bastano decenni di ‘mala gestio’.

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