martedì 5 novembre 2013

Cancellieri: la cultura del sospetto, le convenienze politiche e le oltraggiose dimissioni.



Nessuna delle forze politiche in Parlamento ha un 'oggettivo' motivo che spieghi una difesa agguerrita o un attacco veemente nei confronti del Ministro Cancellieri, ma esistono situazioni di convenienza che non possono essere trascurate.
Da una parte il Pdl, nonostante la maggior parte dei ‘giornali di famiglia’ non sia del tutto d’accordo, ritiene utilitaristico prendere le difese del Ministro, in modo da attenuare i comportamenti passati di Berlusconi nella “vicenda Ruby” - ed in parte riabilitarlo - sottolineando la legittimità, per una carica importante come quella ricoperta dalla Cancellieri, dell'intervento nel "caso Ligresti", senza che ciò abbia comportato alcun abuso.  
Dall’altra il PD non vorrebbe allontanare dal Governo Letta uno dei Ministri con più spessore e maggiore esperienza e, attraverso una fronda pseudo-giustizialista, mostra una velata severità - utile a giustificare agli occhi della destra la posizione assunta dalla sinistra nei confronti del proprio leader - non riconducibile comunque ad una richiesta di dimissioni, ma solo di chiarimento.
L'unica e netta opposizione viene dal M5S, paladino del populismo ad ogni costo. Il Ministro ha sbagliato? Allora obbligo di dimissioni. Non importa che la Cancellieri abbia usato in tempi diversi - mai accaduto in passato - il bastone e la carota nel giudicare il comportamento del Corpo di Polizia, che abbia segnalato dal suo insediamento oltre 100 casi di disagio nelle prigioni italiane e che stia lavorando ad un riforma sociale e strutturale per migliorare il sistema carcerario nostrano.
Indipendentemente dalle posizioni politiche e nonostante il giudizio sulla scarcerazione di Giulia Ligresti sia stato ritenuto oggettivo dal Procuratore e dagli altri Organi interessati, è obbligatorio che il Ministro fughi i dubbi rimasti - sui legami con la famiglia Ligresti e sull'effettiva intercessione - in modo da non lasciare soprattutto se stessa in balia delle speculazioni di chi cerca un alibi per attaccare tutto e tutti o di chi spera di coprire le magagne dei predecessori con inganno e falsità.
Tuttavia, le dimissioni sarebbero state il gesto più appropriato, soprattutto se fossero giunte immediatamente, non per avallare un sospetto, ma per allontanarlo.
Nel resto del mondo ci si dimette per un senso di responsabilità, in attesa che le indagini rendano al popolo la verità. In Italia non succede, perché le dimissioni sono ritenute più una debolezza dei potenti che un obbligo morale nel rispetto delle Istituzioni.
E pensare che in mezzo ai tanti scandali che negli ultimi anni (Ruby, dissidente Ablyazov, ecc.) hanno avvolto il nostro Paese a pagare sia stata la sola Ministra Idem, l’unico Ministro tedesco della Repubblica italiana.

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