venerdì 30 agosto 2013

Mercati di guerra



Ultimamente le ‘moderne’ guerre rappresentano per gli investitori eventi dai mille volti, caratterizzati soprattutto da cambiamenti repentini: si inizia con i timori legati alle incertezze relative alla portata degli attacchi, alle reazioni dei Paesi interessati, delle Associazioni umanitarie e di tutte le altre Organizzazioni coinvolte ed all’ignota durata del conflitto stesso.
Tutto ciò inevitabilmente allarma i 'cinici' mercati non tanto per i ‘danni collaterali' annessi, ma per quell’elemento che da sempre spaventa le borse e cioè l’incapacità di conoscere perfettamente i 'confini' entro cui la guerra stessa si muove.
Successivamente, dopo i primi ‘bombardamenti’, tutto diviene routine e subentra l’effetto secondario quasi sempre salutare per le borse. Molti sostengono che le guerre siano un volano per l’economia grazie alle spese militari ed agli investimenti che nel campo della sicurezza sono obbligatori prima e dopo detti eventi.
C’è chi invece sostiene che esse non siano altro che eventi capaci di distogliere l’attenzione della gente comune dalle preoccupazioni (finanziarie) quotidiane.
In questi giorni, in attesa di capire cosa decideranno Stati Uniti e Gran Bretagna sul potenziale attacco alla Siria di Assad - che da mesi risponde alle proteste della sua popolazione con armi, anche se non necessariamente chimiche, comunque causa di migliaia di morti - i mercati finanziari scendono e non solo per i timori di guerra, ma anche per diversi altri fattori: l'arrivo di una ‘correzione’ necessaria dopo il raggiungimento per gli indici azionari americani di valori massimi ingiustificati in considerazione della debole ripresa statunitense, le incertezze dei membri della Federal Reserve in merito al cosiddetto ‘tapering’ del “Quantitative Easing”, la conferma che diverse economie emergenti stiano attraversando un'importante fase di decrescita relativa, il possibile slittamento del raggiungimento dei target di bilancio in Grecia e l’instabilità politica italiana.
Allora come distogliere l’attenzione da tutto questo? Con una 'guerra lampo' capace di far stornare i mercati in maniera ‘salutare’ prima di tornare a testare nuovamente i massimi in America e provare ad annullare le grosse perdite degli ultimi due anni in Europa.
Se anche questa non fosse la motivazione principale, rimane la certezza che il 'costo sociale' di una guerra in Siria importi a pochi, sicuramente nulla alla colpevole diplomazia mondiale.  

martedì 27 agosto 2013

Lo 'spread' alla base di una nuova 'teoria del complotto' berlusconiana



A chi, come gli editorialisti del “Giornale”, crede che un’intervista all’economista francese Nouriel Roubini possa condizionare la discesa del mercato azionario italiano e l’allargamento (fino ad ora marginale) dello spread di questi giorni probabilmente sfugge la corretta funzionalità del sistema finanziario. 

Se poi l’analisi nasce dall’esigenza di alimentare la 'teoria del complotto' ed accrescere il desiderio di vittimismo di cui vive la destra politica (o forse economica!) italiana allora il discorso è differente. 

In primo luogo Roubini, da sempre riconosciuto per le sue posizioni spesso pessimistiche, non ha aggiunto niente di più rispetto a ciò che le Borse conoscono da tempo e cioè che la precarietà politica non è un elemento positivo per la stabilità finanziaria e che le diatribe tra le due anime opposte del Governo - soprattutto in relazione ai 'ricatti' del Pdl sull’IMU, che hanno come unico obiettivo quello di tentare di condizionare il voto di settembre sulla decadenza di Berlusconi – non possono che allarmare chi sui mercati auspicava una durata più lunga dell’Esecutivo.

Lo spread è salito nel 2011 per la mancanza di una strategia governativa chiara e netta nella risoluzione dei problemi strutturali di cui il nostro Paese ha sempre sofferto, ma anche nella gestione delle necessità immediate di allora, mentre oggi lo spread è sceso a livelli più accettabili perché ai sacrifici degli italiani richiesti dal Monti sono seguiti gli interventi risolutivi dell'ECB guidata da Draghi ed un (temporaneo) credito di fiducia concesso al nostro Paese dall’Europa e soprattutto dalla Germania, che senza dubbio dopo le elezioni di settembre tornerà a riscuotere con gli interessi.

Inoltre, la soglia fissata da Roubini per il nostro spread a breve (300) non appare così allarmante considerato il recente passato e comunque rappresenta lo stesso livello toccato non più tardi di due mesi fa quando nessuno utilizzava tale argomento come 'ghigliottina' nei confronti di Berlusconi, come oggi sostiene il "Giornale".   

Il quotidiano di famiglia avrebbe, invece, fatto bene a criticare Roubini per altre frasi come quella relativa all’operato del Governo: accettabile la stima per la figura di Enrico Letta, molto meno il giudizio su un'azione governativa fragile, poco incisiva e priva di coraggio e lungimiranza. 

Al di là delle valutazioni di Roubini e delle critiche del “Giornale”, lo spread misura l’affidabilità finanziaria relativa di un Paese rispetto ad un parametro attendibile (Germania), mentre per una valutazione assoluta bastano decenni di ‘mala gestio’.

venerdì 2 agosto 2013

Agosto, 'nemico' mio non ti conosco



Agosto è iniziato e con esso un periodo 'bollente'.

Il mese si è aperto con la conferma della sentenza di condanna di Berlusconi che ha colto di sorpresa molti: il suo 'esercito' per cui la parola 'annullamento' ha un unico significato, i suoi avvocati che credevano di avere 'buone carte' e lo stesso protagonista che, parafrasando uno dei suoi slogan, credeva di essere 'invin(s)cibile'.

Il Governo Letta dovrà fare i conti con le 'intemperanze' del PdL, pronto a ricattare l'Esecutivo con l'avvento del nuovo 'movimento' settembrino. Forse, però, la destra dovrebbe interrogarsi sull'utilità di questo Governo: il Pdl è un partito con un leader dimezzato, senza personaggi di spicco al suo interno (non è che dall'altra parte abbondino, a dire il vero!) e incapace di dettare una linea politica chiara al di là di semplici 'personalismi'.

Far cadere il Governo potrebbe essere controproducente, visto che difficilmente questo Parlamento voterebbe l'allontanamento di Silvio e che le incognite su possibili ricandidature potrebbero condizionare l'intero futuro politico della destra italiana.

Pertanto, meglio giocare il ruolo della vittima sacrificale ancora per un po', sbraitare contro la Magistratura e cercare di 'spaventare' il PD, che dimostra ancora una volta di non saper leggere negli occhi di Berlusconi la paura e, di conseguenza, di non saper 'ricattare' o mettere politicamente alle strette l'avversario.

Di fronte al clamore creato ad arte da Berlusconi, dal PdL e dai suoi 'seguaci' spesso ci si dimentica di quello che accade e che è accaduto in passato. Oggi ricorre l'anniversario della Strage di Bologna: l'Italia, soprattutto a destra, dovrebbe indignarsi non per una sentenza emessa democraticamente, ma per il silenzio che accompagna trentatre anni di omertà. C'è chi aspetta i risarcimenti, chi vorrebbe conoscere realmente colpevoli e mandanti, chi è ritenuto responsabile e potrebbe non esserlo, chi ha taciuto e ha depistato, chi crede siano stati i Palestinesi per ripicca e chi gli Americani e gli Israeliani per punire il cosiddetto 'Lodo Moro'.

Ma a questo l'Italia 'agostana' non è interessata, meglio dibattere su Silvio, immaginare goliardici lavori socialmente utili o ipotizzare una fuga in elicottero in Kenya o ad Antigua: l'Italia è il Paese delle 'divisioni', quelle gustosamente frivole.

Il mese poi scivolerà via come accade sempre in estate.


Oliviero.it