Ultimamente le ‘moderne’ guerre rappresentano per gli investitori eventi dai mille volti, caratterizzati soprattutto da cambiamenti repentini: si inizia con i timori legati alle incertezze relative alla portata degli attacchi, alle reazioni dei Paesi interessati, delle Associazioni umanitarie e di tutte le altre Organizzazioni coinvolte ed all’ignota durata del conflitto stesso.
Tutto ciò inevitabilmente allarma i 'cinici' mercati non tanto per i ‘danni collaterali' annessi, ma per quell’elemento che da sempre spaventa le borse e cioè l’incapacità di conoscere perfettamente i 'confini' entro cui la guerra stessa si muove.
Successivamente, dopo i primi ‘bombardamenti’, tutto diviene routine e subentra l’effetto secondario quasi sempre salutare per le borse. Molti sostengono che le guerre siano un volano per l’economia grazie alle spese militari ed agli investimenti che nel campo della sicurezza sono obbligatori prima e dopo detti eventi.
C’è chi invece sostiene che esse non siano altro che eventi capaci di distogliere l’attenzione della gente comune dalle preoccupazioni (finanziarie) quotidiane.
In questi giorni, in attesa di capire cosa decideranno Stati Uniti e Gran Bretagna sul potenziale attacco alla Siria di Assad - che da mesi risponde alle proteste della sua popolazione con armi, anche se non necessariamente chimiche, comunque causa di migliaia di morti - i mercati finanziari scendono e non solo per i timori di guerra, ma anche per diversi altri fattori: l'arrivo di una ‘correzione’ necessaria dopo il raggiungimento per gli indici azionari americani di valori massimi ingiustificati in considerazione della debole ripresa statunitense, le incertezze dei membri della Federal Reserve in merito al cosiddetto ‘tapering’ del “Quantitative Easing”, la conferma che diverse economie emergenti stiano attraversando un'importante fase di decrescita relativa, il possibile slittamento del raggiungimento dei target di bilancio in Grecia e l’instabilità politica italiana.
Allora come distogliere l’attenzione da tutto questo? Con una 'guerra lampo' capace di far stornare i mercati in maniera ‘salutare’ prima di tornare a testare nuovamente i massimi in America e provare ad annullare le grosse perdite degli ultimi due anni in Europa.
Se anche questa non fosse la motivazione principale, rimane la certezza che il 'costo sociale' di una guerra in Siria importi a pochi, sicuramente nulla alla colpevole diplomazia mondiale.